Il nucleo storico di Grignaghe di Pisogne
Posta a 900 m di quota, Grignaghe sorge lungo l’antico collegamento con la Val Trompia, attraverso il colle di San Zeno, ricalcato dall’odierna carrozzabile. La via, frequentata fin dal Medioevo, garantiva il trasporto del ferro estratto dalle miniere presso Grignaghe e Pontasio verso le fucine triumpline. La ricchezza e l’importanza che ne derivava alla contrada (“Terra ben popolata e famosa per le sue miniere” la descrive padre Gregorio nel 1698) emerge nei suoi edifici e soprattutto nelle singolari sculture erratiche visibili in piazza San Rocco e in via San Rocco: i cinque elementi monumentali in arenaria rossa, con scene di difficile interpretazione, dovevano ornare i portali di un edificio civile. Nonostante il plasticismo vigoroso ed elementare, che ne ha suggerito un’origine longobarda, i dettagli e la presenza di uno stemma visconteo li collocano nel pieno Trecento.
Grignaghe mostra una struttura compatta, frutto di un’antica organizzazione fortificata: la chiesa di San Rocco sorge sull’antica torre di accesso, visibile dalle scale a destra della facciata, e numerosi edifici mostrano ancora le strutture del Due e Trecento negli spigoli in blocchi massicci e nei portali imponenti. Imboccando le ripide discese che si sviluppano dalla via centrale (via Imavilla – via Fontana) si possono osservare le strutture peculiari degli edifici verso valle, con ampi voltoni a superare il dislivello del pendio. Lo spigolo di una casa torre è visibile in via Cimavilla e, addossato ad esso, vi è uno splendido esempio di architettura tradizionale in legno e pietra.
La parrocchiale di San Michele, riedificata nel ‘700, sorge a monte, isolata dall’abitato: si raggiunge dalla via San Rocco o in auto seguendo la direzione per Passabocche. Il grande edificio conserva all’esterno alcuni frammenti trecenteschi e all’interno mostra la sedimentazione delle campagne decorative tra ‘500 e ‘700: perdute alcune opere lodate dalle fonti antiche, sono di particolare pregio i Misteri del Rosario, di Pietro Ricchi (circa 1640-1645).
Monica Ibsen