Oratorio di San Giorgio o del Crocefisso
San Giorgio di Solto Collina, affacciata sul sagrato della chiesa parrocchiale, si presenta oggi come il risultato di una serie di modifiche di cui l’ultima risale alla fase del XVIII secolo. Alcune porzioni di muratura esterna del fronte ovest fanno ipotizzare che la prima fondazione fosse del XIV secolo. La chiesa quattrocentesca aveva l’abside rivolta verso est; questa porzione fu demolita all’inizio del ‘700 per allungare la navata, invertendo l’orientamento dell’edificio; furono costruiti il nuovo ingresso a est e l’altare maggiore rivolto verso ovest.
La facciata, preceduta da una corta scalinata, è scandita in due settori da un modesto cornicione: in quello inferiore sono state ricavate due grandi finestre ai lati del portale d’ingresso (in pietra di Sarnico). Dell’edificio quattrocentesco fu in parte risparmiato dalla demolizione l’oratorio dei Disciplini che era costituito da una sorta di tramezzo in muratura con soppalco ligneo posto in controfacciata da cui i confratelli potevano affacciarsi sulla navata della chiesa; oggi l’ambiente, ridotto nelle dimensioni e modificato nella struttura, funge da sagrestia. Si conservano alle pareti affreschi che rappresentano sia singoli disciplini incappucciati e santi, sia il ciclo con le Storie di Gesù. Si tratta di affreschi quattrocenteschi che trovano punti di contatto, iconografici e stilistici, con il ciclo dell’orario di Clusone e, infatti, la firma di Giacomo Busca – autore della decorazione di Clusone – è posta nell’iscrizione dell’episodio della Crocifissione che, seppur mutilo, mostra la Maddalena, patrona della congregazione, inginocchiata e, nel lato opposto, un disciplino in preghiera. Vi sono poi decorazioni geometrico-prospettiche e floreali con aggiunte di soggetti macabri quali teschi, ossa e cartigli con iscrizioni inerenti la caducità della vita.
Il nuovo oratorio del ‘700 fu denominato del Crocifisso in quanto come pala dell’altare fu collocato il gruppo scultoreo di Andrea Fantoni datato 1717. Pregevole è il Cristo inchiodato in croce: offre un corpo dalla curata muscolatura e dalle linee sinuose messe in evidenza anche dall’abbondante perizoma a strisce e profilato in oro. La donna a destra, da identificare con la Vergine o con la Chiesa Cattolica, versa il sangue del calice nel piatto della bilancia retta dalla Giustizia (sulla sinistra) per controbilanciare le fiamme del Purgatorio poste nell’altro piatto. Un angelo raccoglie il sangue di Cristo nel calice per sottolineare che il sacrificio della croce è il mezzo di redenzione. L’intento catechetico del gruppo fantoniano si pone in sintonia con la spiritualità settecentesca delle congregazioni religiose e, più in generale, con la predicazione connessa alle indulgenze per le anime purganti che sono rappresentate nel piccolo vano posto sotto il basamento della croce. Si noti che in alcuni atti notarili dei primi del ‘700 la chiesa è pure detta “Oratorio de Defonti” e dei “Morti”. La grande nicchia contenente il Crocifisso con la Vergine e la Giustizia è stata poi chiusa da un’anta in vetro; tale aggiunta è forse quella per cui Giuseppe A. Foresti nel 1721 donava, per disposizione testamentaria, 300 lire precisando “in far coprir di cristalli di Venezia le statue di quell’altare”.
L’opera s’inserisce in una bella cornice marmorea che raggiunge l’apice del presbiterio coperto da volta a botte. L’altare, della bottega dei Selva di Riva di Solto, è dotato di un raffinato paliotto con marmi policromi su sfondo nero: al centro vi sono una testina di cherubino e un medaglione in marmo bianco con l’Adorazione dei pastori, che non pare congruo con l’impianto iconografico dell’edificio. Nel reliquiario in marmo alla parete si conserva un frammento della colonna della flagellazione di Cristo. Nella navata è appeso uno stendardo che riproduce il gruppo plastico dell’altare; è probabile che fosse usato per le processioni della congregazione condotte per le vie del paese.
Federico Troletti
Per saperne di più:
Le discipline del Sebino: tra medioevo ed età moderna, Brescia 2001, pp. 170-178, 213, 216-218.
Foto copertina: Linoolmostudio