Chiesetta di San Paolo


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Nella parte sommitale del centro storico di Sarnico sorge la chiesa di San Paolo, nel mezzo dell’antico castello dei Marenzi. Edificata nel 1428, è verosimile che sia stata impostata su una chiesa molto più antica. L’ipotesi è suffragata da una bolla papale del 1120 in cui è menzionata la “Curtis de Sarnega cum tribus capellis”. Durante i restauri del 1969 furono individuate due feritoie che facevano parte della cinta muraria del castello medioevale. Sul muro di levante vi era una porta (ora murata) che, presumibilmente, portava a un piccolo cimitero. La copertura fu modificata con la sostituzione della probabile capriata in legno con due archi in muratura a sesto acuto; questi lavori sono da ricondurre all’anno 1498incisa su un tozzo capitello di pilastro che regge l’arco. La chiesa fu, quindi, oggetto di modifiche nel 1638 e ancora nel 1724 con l’aggiunta di decorazioni barocche.

L’esterno offre una facciata assai larga e bassa, con portale barocco (1724) in pietra locale e due finestre a lati. L’anomalia rispecchia l’interno dell’edificio in cui vi è una navata, disposta in modo trasversale per chi entra, scandita in tre campate da archi a ogiva in muratura. Nella campata centrale si trovano, da un lato, l’ingresso e, in quello opposto, l’altare maggiore. Ne consegue quindi che la campata centrale diventi una sorta di ‘navata corta’ affiancata da altri due corpi di medesima estensione. La pianta suggerisce che l’attuale aspetto sia derivato da un adattamento di precedenti strutture murarie.

Funge da pala d’altare uno splendido affresco di un ignoto pittore bergamasco dell’ultimo quarto del XV secolo; raffigura la Pietà e i santi Cosma e Damiano inseriti in una finta architettura che imita un trittico ligneo. L’opera è di alto livello qualitativo per la resa del corpo di Cristo in cui si apprezzano il tenue incarnato e il perizoma definito con una plasticità da cultura nordica. Notevole è la resa dei manti della Vergine e dei due medici: modellati con delicatissime velature di colore restituiscono una reale consistenza materica del tessuto. È assai probabile che l’affresco della Pietà sia stato visto dal Borromeo, durante la visita pastorale del 1575, in quanto il cardinale citava l’Oratorium Sancti Pauli con un solo altare “cum aliquibus imaginibus loco anchone”. Parte dei santi medici fu distrutta dall’inserimento (1638) dei due reliquiari (dei santi Callisto e Ponziano) incassati nel muro e contornati da cornici in stucco su cui poggiano due belle statue dei santi Pietro e Paolo di un anonimo plasticatore bergamasco seicentesco. All’altare fu aggiunta, secondo la versione di A. Faccanoni, nel 1862 una cornice lignea che sarebbe stata disegnata da Vincenzo Busti e poi rimossa nel 1969 per collocarla alla parete destra (rispetto a chi entra) attorno all’affresco cinquecentesco raffigurante la Madonna con il Bambino. La cornice presenta, tuttavia, alcune soluzioni piuttosto insolite per una datazione ottocentesca, come la presenza nel timpano di Dio Padre a braccia spalancate.

Il culto dei santi Pietro e Paolo è testimoniato, inoltre, dall’affresco sulla parete di destra, dove i due apostoli sono inseriti in due cornici dipinte. L’opera, databile ai primi anni del ‘500, è di modesta qualità specie per la posa frontale dei santi e per i panneggi che, seppur ridondanti di dettagli, sono alquanto rigidi. È apprezzabile lo sforzo che il nostro ignoto pittore dimostra nei confronti della costruzione architettonica con la citazione, nelle piccole figure e nelle decorazioni delle candelabre, di pezzi all’antica visti forse in centri più aggiornati. Così pure, perlomeno per quanto è sopravvissuto al degrado, è piacevole lo scorcio di paesaggio dietro le spalle di san Paolo sia per la presenza di edifici classici, sia per la disposizione in senso prospettico di questi. Altri affreschi, poco leggibili, si trovano nella fascia inferiore dell’altare.

Federico Troletti

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