Parco delle Macine di Gratacasolo e Pisogne


Percorrendo i sentieri nei boschi di Pisogne si possono incontrare pietre da macina semilavorate e abbandonate, ricoperte da muschio. Sono la testimonianza di un’attività che coinvolgeva gran parte del territorio comunale nota anche dai documenti che attestano la pratica a partire dal XV secolo. L’ottima qualità dei prodotti faceva sì che il mercato delle macine valicasse i confini regionali e, a volte, anche nazionali.

Le macine, o mole, venivano impiegate nei mulini che macinavano granaglie e castagne e nei frantoi dove si schiacciavano le olive. In passato erano utilizzate anche come pietre tombali, come hanno dimostrato rinvenimenti di epoca romana a Darfo e di epoca medievale a Pontenove di Bedizzole. A Pisogne le mole furono utilizzate come basamento per le colonne della piazza e di via San Marco, come soglia di abitazioni nel centro storico e come primo gradino di scale. Durante i lavori di rifacimento della piazza principale, ad esempio, è stato rinvenuto l’antico molo sul lago in cui furono impiegate per il sostegno numerose macine. Anche i lavori di scavo alla Pieve di Santa Maria in Silvis hanno mostrato che i muri perimetrali poggiano su pietre circolari.

L’attività di produzione fiorì grazie al tipo di rocce che affiorano nella zona a est di Pisogne. Nei boschi si trovano insediamenti legati all’escavazione della roccia, con annessi laboratori per la riparazione degli strumenti utilizzati dagli scalpellini. Sulla mulattiera che da Gratacasolo porta a Fraine (sentiero CAI n. 203), effettuando qualche piccola deviazione, si incontrano cave, fucine, laboratori a cielo aperto. Qui si può ricostruire tutta la mappa di un sito proto-industriale che conserva ancora le varie fasi della lavorazione della pietra. Accanto alle numerose cave, utilizzando il materiale di scarto, sono stati costruiti piccoli edifici, depositi, fuochi, ripari e quant’altro potesse concorrere all’organizzazione di una comunità artigianale che passava gran parte del tempo dedita all’attività lavorativa. L’area è disseminata di macine semilavorate perché durante la produzione capitava che il manufatto si rompesse o che la roccia manifestasse un difetto che non era emerso all’inizio.

Il toponimo che ricorre è medol, che in Valle Camonica si incontra sempre legato alla presenza di cave o miniere, in questo caso seguito dal probabile cognome del concessionario della cava.

Per chi volesse avventurarsi in questo bosco, un reticolo di sentieri, non ancora segnalati, accompagna di sito in sito. Parcheggiando presso l’abitato di Fraine e attraversando il villaggio, si imbocca il sentiero che conduce a Corno Palazzo (chiedere indicazioni agli abitanti). Lungo il percorso s’incontrano macine semilavorate. Le rocce di questo luogo recano incisioni rupestri di epoca storica. Sempre seguendo il sentiero in direzione sud (verso Grignaghe) si incrocia il sentiero CAI n. 204 lungo il quale è possibile vedere ancora qualche macina. I due luoghi principali di produzione si trovano purtroppo in zone lontane dai sentieri principali: nel versante che stiamo percorrendo si abbandona presto il sentiero 204 per imboccare il sentiero sulla sinistra con indicazione Morina, si giunge al piccolo abitato di Digone ai piedi del Dosso Camussone. Chiedendo indicazioni sul posto si può trovare il sentiero che, in salita, conduce al sito chiamato Plagna dei Sofrà: un pianoro naturale immerso nella pineta, disseminato di macine semilavorate e abbandonate. A questo luogo si può giungere anche dalla località Croce Marino con un sentiero comodo e pianeggiante, il cui imbocco però è difficile da trovare. Sul versante opposto, lungo le pendici della Cima di Tet, poco sopra la località Zanolina, si trova il sito chiamato Rangù. Entrambi questi luoghi, all’apparenza selvaggia ma di una rara bellezza naturale, hanno nascosto sotto la patina del tempo un’intensa attività umana.

 

Rosanna Romele, Federico Troletti

 

Il percorso alla ricerca delle cave di macine di Gratacasolo non è lungo e comporta al massimo una passeggiata di un paio d’ore attardandosi tra le rovine. Per la visita munirsi della cartina “I Sentieri del Comune di Pisogne” a cura del CAI Sez. Pisogne e della pubblicazione “Dalla Pietra al Mulino – economia e cultura popolare a Pisogne”.

 

Foto Bresciaoggi

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