Chiesa dei Santi Nazario e Rocco


La chiesa altomedievale di San Nazaro, nota per l’importante ciclo pittorico databile al pieno XI secolo, sorge a ovest di Sarnico, ai margini dell’antico nucleo abitato di Castione che fino al 1724 dipendeva da Villongo Sant’Alessandro. Siamo alla confluenza nel Sebino della Val Calepio, un’area ricchissima di testimonianze storiche, archeologiche e artistiche medievali grazie alla posizione strategica nel controllo del confine con Brescia. Poco a monte della chiesa sorgeva la rocca Zucchelli, su un’altura dominante il basso Sebino, nota dal ’300.

La chiesa, documentata solo dal 1320, è orientata a Est e a Sud è affiancata da un portico: qui si aprono il portale con arco a tutto sesto che costituiva l’unico accesso alla chiesa e una monofora, entrambi appartenenti all’impianto originario. La facciata consente di osservare la tecnica muraria, in blocchi appena sbozzati di arenaria di Sarnico, estranea alla regolare tessitura romanica e collocabile tra alto Medioevo e fine del X secolo. Nel 1627 vennero realizzati il portale (datato) e l’oculo che sostituì la monofora originaria, ancora leggibile.

All’interno l’irregolarità delle murature consente di individuare immediatamente le strutture antiche della navata: è qui che nel 1972 sono riemerse significative tracce di un ciclo di dipinti murali, dedicato presumibilmente al martirio dei santi Nazaro e Celso, decapitati a Milano nel 304, e forse alle storie della Vera Croce. La decorazione prevedeva una fascia terminale superiore a meandro geometrico abitato (si veda lo splendido dettaglio del corvo), una cornice a perle su fondo purpureo, e un’intelaiatura con fasce verticali a intreccio a separare le scene. In basso la decorazione era chiusa da un’altra cornice a perle e da un finto paramento marmoreo. Non è possibile definire se la sequenza delle scene procedesse dalla facciata verso l’abside parallelamente sulle due pareti dell’aula (come ad esempio nella contemporanea decorazione di San Zeno di Bardolino sul lago di Garda) o in un unico percorso anulare come in San Salvatore di Brescia.

Nulla si è conservato nella parete nord; in controfacciata al ciclo romanico appartengono il frammento di una figura benedicente a destra e una complessa scena a sinistra: una folla guidata da un vescovo, o da una donna, si rivolge verso una croce gemmata; a sinistra di questa siede un personaggio maschile e in alto sono riconoscibili due corone gemmate; la scena forse rappresenta il ritrovamento della Vera Croce da parte di Elena e l’uomo seduto potrebbe essere Costantino.

Nella parete sud, a sinistra del portale, un piccolo frammento è riconducibile a una figura seduta impugnante uno scettro; a sinistra della monofora si conserva solo un fondale di città e la porzione di un uomo rivolto verso sinistra; a destra la scena è pressoché completa: un aguzzino in veste corta e con una grande spada decapita un personaggio maschile in primo piano, di cui si scorgono il corpo chino e le braccia pendenti davanti a una donna dolente.

Per le caratteristiche stilistiche ed esecutive i dipinti rappresentano una tarda rielaborazione del linguaggio ottoniano collocabile tra la metà e il terzo quarto dell’XI secolo.

Negli ultimi anni del Trecento vennero realizzati sulla parete sud due notevoli dipinti votivi: la Madonna con il Bambino e san Giacomo e i Santi Martino e Antonio abate per la finezza dei tratti e la delicatezza del modellato si collocano nel lungo percorso di elaborazione lombarda del modello giottesco e trovano confronto nelle opere bergamasche del Maestro di San Nicolò ai Celestini. Sul pannello principale lo stemma con un castello su un monticolo suggerisce di identificare il committente in Giacomo da Castello, uno dei maggiori possidenti dell’area di Sarnico e Villongo, ricordato in documenti del 1381. Attardato e di minor qualità è il Sant’Antonio abate della controfacciata appartenente a una Sacra conversazione distrutta con l’apertura della porta.

Al Settecento risale la pala sull’altare.

All’esterno la Madonna con il Bambino (1510) e la Madonna fra i santi Rocco e Sebastiano (1530) vanno presumibilmente collegati alla presenza di un altare sotto il portico, documentato nel 1575.

Monica Ibsen

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